I social media nascono e si sviluppano sotto il principio della libertà di espressione del pensiero. Questa libertà, però, se esercitata senza limiti e senza alcun controllo può causare gravi danni alla collettività. La disinformazione ne è un esempio e negli ultimi anni è stata necessaria una vera e propria lotta a questo fenomeno sempre più dilagante proprio sui social. Quali sono allora le strade che si possono prendere per arginare questi effetti negativi? Come sfruttare il potenziale che i social media custodiscono?
La nascita dei social media ha segnato un cambiamento nelle dinamiche sociali e relazioni della popolazione mondiale. Oggi possiamo affermare che è praticamente impossibile essere “fuori” dall’ecosistema che queste piattaforme hanno creato. Non si tratta più, infatti, solo di canali di comunicazione tra singoli utenti privati come poteva essere Facebook ai suoi albori. La presenza delle aziende e delle istituzioni sui social è oggi evidente e in alcuni casi predominante (e invadente). Pensiamo, per esempio, a Twitter dove la componente istituzionale è molto forte: quotidianamente le più importanti organizzazioni a livello mondiale rilasciano dichiarazioni proprio utilizzando i ben noti Tweet, molto più diretti e veloci dei vecchi comunicati e lanci d’agenzia.
Per quanto riguarda le aziende, la loro presenza sui social è evidenziata dal fatto che quasi tutte le piattaforme stanno implementando sempre più le funzionalità legate al settore dello shopping online. TikTok marketing è un esempio molto emblematico della diffusione crescente del Social Commerce, ovvero della scelta dei consumatori di fare acquisti direttamente sui social.
Dall’informazione allo shopping, dunque, passando per la condivisione di contenuti e la creazione di relazioni (che sono le basi su cui si fonda la nascita stessa dei social media), le piattaforme social sono oggi i principali attori e artefici dei cambiamenti e delle evoluzioni che si muovono in seno alla società. Ma quali sono i rischi connessi a un panorama così “fluido”, libero e in continua evoluzione?
Come abbiamo già avuto modo di accennare, i social media sono oggi uno dei principali canali di comunicazione e informazione a livello globale. La libertà di pensiero è senz’altro uno dei pilastri su cui, almeno in teoria, si fondano queste piattaforme. Gli utenti possono, infatti, condividere in ogni momento messaggi di testo, immagini o video con la propria rete e non solo. Ma la libera manifestazione del pensiero, se portata all’eccesso ed esercitata senza limiti, può avere ricadute negative anche molto gravi sulla società a livello globale. In un mondo interconnesso come il nostro, infatti, è praticamente impossibile fermare o arginare un’informazione nel caso in cui sia scorretta o addirittura dannosa.
Per questi motivi la lotta alla disinformazione oggi è un tema sempre più urgente che coinvolge tutti. Un interessante saggio di Jonathan Haidt, psicologo americano, intitolato “Why the past 10 years of american life have been uniquely stupid” analizza gli ultimi 10 anni della storia statunitense proprio alla luce della possibile dannosità dei social media. L’autore utilizza un paragone con la vicenda biblica della Torre di Babele: un esempio emblematico di frammentazione della comunicazione con la conseguente impossibilità di far circolare le informazioni.
Haidt afferma che, a partire dal 2010, i social media hanno “armato di frecce” le istituzioni degli USA che a loro volta hanno iniziato ad attaccarsi a vicenda a “colpi di tweet”. Spesso i contenuti di questi messaggi diffusi online si basano su un’informazione modificata e piegata agli interessi ora dell’una ora dell’altra parte. Si è creata così sempre più disinformazione sotto gli occhi dei cittadini americani, come un circolo vizioso. Le conseguenze principali sono state la perdita di credibilità e l’indebolimento della stabilità della stessa democrazia.
Estendendo la riflessione al contesto globale, possiamo affermare che oggi ci sentiamo quasi spaesati, in un mare di informazioni in continua evoluzione, senza riuscire ad approdare nel “porto sicuro” di un’informazione corretta e veritiera. Pensiamo, per esempio, alla disinformazione che ha avvolto quasi totalmente questi ultimi anni di pandemia e che ha creato grandi difficoltà nella gestione della situazione di crisi. Una disinformazione che si è autoalimentata a partire soprattutto dai profili di istituzioni e enti non ufficiali.
Per concludere prendiamo in prestito una frase di Chris Wetherell, l’inventore del bottone del Retweet, che con riferimento proprio alla funzionalità da lui sviluppata disse:
“We might have just handed a 4-year-old a loaded weapon” (potremmo aver appena dato in mano a un bambino di 4 anni una pistola carica).
I social sono uno strumento di manifestazione della libertà di pensiero, ma sono necessarie delle guide e dei limiti stabiliti nell’interesse della collettività. È importante evitare che un’arma carica e pronta a sparare finisca nelle mani di persone sprovvedute e inconsapevoli dei danni che potrebbero causare.
I social media, però, sono anche un insieme di strumenti che racchiudono grandi opportunità per utenti, aziende e organizzazioni: dalla possibilità di mettersi in contatto con persone in tutto il mondo e di condividere esperienze con un’app sul proprio smartphone, all’occasione per le aziende di raggiungere un pubblico sempre più ampio grazie al social commerce fino alla possibilità di far circolare l’informazione con un semplice clic. La soluzione non è abolire i social media, ma comprendere l’importanza di farne un uso consapevole e rispettoso del bene comune.
Gli effetti positivi di questi strumenti, infatti, sono altrettanto evidenti e numerosi. Pensiamo per esempio alle competenze digitali che i bambini, “nativi digitali”, sviluppano sin da piccoli. E poi è proprio grazie ai social se i ragazzi di oggi hanno a disposizione una grande quantità di fonti di informazione, anche molto diverse tra loro, aspetto che favorisce maggiormente lo sviluppo di un pensiero critico proprio.
I social media, infine, possono costituire uno strumento a disposizione di tutti per sensibilizzare su una causa particolare (si pensi per esempio a tutte le iniziative che nascono “dal basso” in tema di sostenibilità ambientale), riunire persone che condividono gli stessi valori e avere così un impatto nel mondo reale. Per tutti questi motivi è importante combattere la disinformazione a vantaggio di un’informazione libera, veritiera e utile per tutti. È una battaglia condivisa che siamo chiamati a combattere, ciascuno con i mezzi che ha a disposizione.
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