Schwa: l’inclusività passa anche attraverso le regole della linguistica

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6 Settembre 2021

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Una delle soluzioni pensate per rendere la lingua italiana più inclusiva e meno legata al predominio maschilista è l’utilizzo del simbolo “Ə”, chiamato Schwa. Si tratta di una scelta linguistica degli ultimi anni dettata dalla necessità di abolire l’utilizzo del plurale maschile per definire un gruppo misto di persone. Oggi, però, non tutti i dispositivi che abbiamo a disposizione ci consentono di scrivere i testi utilizzando questa “novità” (già da tempo presente nell’alfabeto fonetico internazionale). Approfondiamo, allora, nel dettaglio il nuovo scenario che si sta delineando e vediamo quali future evoluzioni interesseranno la tecnologia in ambito linguistico. 

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Da dove proviene lo schwa e come si pronuncia?

Lo schwa, corrispondente al simbolo Ə, fino a oggi non era un carattere molto utilizzato nelle lingue europee. I linguisti di tutto il mondo, però, ne hanno sempre fatto ampio ricorso per descrivere alcuni suoni specifici presenti nelle singole parole delle lingue nazionali.  È indicata dai linguisti con il simbolo /ə/. L’attuale diffusione di questo carattere è dovuta alla necessità di rendere i termini che usiamo per comunicare più rispettosi dei valori dell’inclusività e della parità di genere. Per questa ragione si è sentita la necessità di abolire la predominanza dell’utilizzo del genere maschile con riferimento ai plurali di sostantivi e aggettivi riferiti a gruppi di soggetti misti. Nell’alfabeto fonetico internazionale lo schwa è utilizzato per identificare correttamente la pronuncia di alcune parole anche molto diffuse. Per fare un esempio, lo Ə corrisponde al suono della “u” nella parola inglese survive o ancora alla “a” di “about. Nella lingua inglese, infatti, quasi tutte le vocali hanno un suono che corrisponde a quello dello schwa. Ma ci sono anche altri esempi di utilizzo dello schwa che riguardano alcuni dialetti locali: quelli parlati in centro Italia, per esempio, per cui “bello” diventa “bellƏ” con l’ultima vocale che è quasi aspirata, non pronunciata. Le origini dello schwa risalgono alla lingua ebraica diffusa nel Medioevo. Sulla storia del significato ci sono versioni differenti: alcuni ritengono che l’etimologia risalga alla parola ebraica “shav” che significa niente, altri che sia legata al concetto di “uguale”, “pari”. Oggi lo schwa nella lingua ebraica è utilizzato per identificare i due puntini posti sotto una consonante che indicano una vocale brevissima che quasi non è pronunciata. 

Le ragioni della scelta linguistica “inclusiva”

I linguisti hanno individuato diverse opzioni per ovviare alla questione dei plurali maschili riferiti a gruppi misti di persone. Le proposte principali riguardano l’impiego dell’asterisco, che però presenta evidenti difficoltà di lettura (è infatti impossibile attribuire un suono a questo carattere grafico), l’utilizzo della vocale “u” o della lettera “x” al fondo delle parole per cui l’aggettivo “belli” riferito a un gruppo misto diventerebbe rispettivamente “bellu” o “bellx”.

Ma quali sono le ragioni a favore dello schwa per rendere più inclusiva (e meno legata all’utilizzo predominante del genere maschile) anche la lingua italiana scritta e parlata? Uno dei temi a favore dell’impiego della Ə è stato la sua somiglianza grafica a una forma intermedia tra la “a” e la “o”, vocali che tradizionalmente identificano il genere femminile e maschile. La celebre linguista Vera Gheno ha affermato che lo schwa ha un suono intermedio, a differenza della “u”, per esempio, che in alcuni dialetti locali identifica il genere maschile. “Le sperimentazioni non mi spaventano”, afferma la Gheno in un’intervista per la rivista online MicroMega, “ho iniziato a studiare le soluzioni che erano già in uso come l’asterisco, la chiocciola, la x ecc… che hanno tutte un forte limite: si possono scrivere, ma non si possono pronunciare. Da qui l’idea di iniziare a sperimentare lo schwa”. Michela Murgia, nota scrittrice italiana, è stata pioniera in questo ambito, distinguendosi come una delle prime autrici a scrivere un articolo con ampio uso di questo carattere. 

Ma perché proprio lo schwa?

Per risalire alle origini della proposta dell’uso dello Ə, occorre tornare indietro di alcuni anni, ad aprile del 2015, quando Luca Boschetto, attivista e appassionato di temi riguardanti l’inclusività di genere e linguistica, ha dato vita al progetto “Italiano Inclusivo”. Il sito contiene preziosi spunti di riflessione riguardanti proprio i motivi a sostegno dell’uso dello schwa nella lingua.

Luca Boschetto aveva già evidenziato alcuni elementi, ripresi poi successivamente anche dalla stessa Gheno, tra cui la somiglianza dello Ə tanto alla “a” quanto alla “o” e la sua pronunciabilità (a differenza dell’asterisco, per esempio, che è scrivibile ma non pronunciabile). Su “Italiano Inclusivo”, inoltre, si legge anche la proposta di utilizzare un altro segno, la schwa lunga, /з/, per i plurali, circoscrivendo così l’utilizzo di quella breve ai soli sostantivi singolari che indicano soggetti che non si riconoscono in uno dei due sessi storicamente esistenti, maschile e femminile.

Le risposte del mondo digitale

Con il diffondersi progressivo dell’utilizzo dello Ə è emersa immediatamente la necessità di consentire agli utenti di utilizzare questo carattere sui dispositivi usati quotidianamente per scrivere. Nonostante a prima vista sembri difficile da trovare, esistono diversi modi per inserire lo Ə a seconda del sistema operativo che si utilizza. Microsoft è stata tra i primi ad attivarsi, rendendo immediatamente disponibile lo schwa sulla propria tastiera Swiftkey. Su Word è possibile inserire lo schwa dal menù simboli. Per quanto riguarda il mondo Apple, l’azienda di Cupertino ha annunciato, in occasione dell’ultimo WWDC, che l’aggiornamento iOS 15, in uscita a ottobre, potrebbe contenere questo carattere nelle tastiere dei dispositivi mobile. Al momento, quindi, il modo più semplice per inserire lo schwa su un dispositivo Apple è il metodo del “copia-incolla” o nel caso del Mac scaricare la tastiera alternativa che contiene anche la schwa. .

Al di là dei problemi tecnici, però, la specialista di sociolinguistica Vera Gheno ha sottolineato ancora, in occasione di un’intervista per GQ, l’esistenza di altre due grandi criticità:

«La prima, che è risolvibile, è che i software per la lettura ad alta voce dei testi destinati soprattutto alle persone ipovedenti in linea di massima non leggono questo suono. Quello che non si può risolvere è che lo schwa aumenta le difficoltà di lettura di chi è dislessico: è un simbolo graficamente molto simile alla e “e” alla “o”. Sono limiti che occorre tenere in conto perché una formula davvero inclusiva deve considerare i soggetti che potrebbe involontariamente tagliare fuori».

 Strettamente connesso a queste questioni c’è il tema dell’accessibilità del web, che comprende le pratiche tecnologiche per la fruizione di contenuti digitali anche da parte di soggetti con esigenze particolari, come coloro che necessitano di lettori schermo per la comprensione di testi. Nel caso dei computer Mac, il Voice Over interpreta lo schwa come un suono muto, così come il TalkBack di Android e il Read Aloud di Firefox. Lo schwa, quindi, rappresenta ancora un’opzione non accessibile per tutti e dunque non pienamente inclusiva.  

Quale sarà il futuro dello schwa?

Le lingue sono costantemente in evoluzione e le questioni di genere sono dibattute in tanti paesi. Alcuni valori, come l’inclusività e la parità di genere, sono sempre più centrali nel mondo di oggi e i cambiamenti che si stanno verificando sono dettati dalle trasformazioni sociali. Con particolare riferimento allo Ə, possiamo notare come un’evoluzione strettamente legata all’ambito linguistico incida profondamente anche nel settore della comunicazione digitale e, di conseguenza, in quello della tecnologia e dei dispositivi. Quest’ultima, infatti, deve evolvere tenendo soprattutto in considerazione gli aspetti innovativi e di trasformazione della società, al fine di rispondere al meglio alle esigenze degli utenti di tutto il mondo.  

Le numerose difficoltà legate al tema dell’accessibilità costituiscono ancora un ostacolo per ritenere questa soluzione pienamente inclusiva: nel momento in cui, infatti, lo schwa si riuscirà a scrivere con facilità dalle tastiere di tutti i dispositivi e sarà riconosciuto dalle tecnologie assistive, sarà davvero inclusivo.

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