L’evoluzione costante del mondo del web e l’innovazione tecnologica hanno radicalmente cambiato, nel corso di pochi decenni, il nostro modo di interagire con il mondo. All’interno di questa intervista abbiamo provato con Roberto Dadda – storico “animatore del web”, docente di “Ergonomics applied to the design of usable web pages and apps” presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano e figlio del famoso Luigi Dadda – a indagare il nostro rapporto quotidiano con gli “oggetti digitali” e a immaginare quali saranno gli scenari futuri dell’usabilità.
Il rapporto che abbiamo quotidianamente con gli oggetti d’uso comune è di natura prevalentemente sensoriale. Tuttavia, per comprendere la natura degli “oggetti digitali”, la mera sensazione non basta. Che cosa differenzia l’usabilità di un oggetto di design da un oggetto digitale?
“Che si tratti di oggetti materiali o immateriali le cose non cambiano molto e la usabilità è sempre una parte specifica del design. L’usabilità è una norma ISO, la 9241-11, e si definisce come:
“l’efficacia, l’efficienza e la soddisfazione con le quali determinati utenti raggiungono determinati obiettivi in determinati contesti”
In questa definizione ci sono sei elementi fondamentali per il concetto di usabilità e per i metodi che portano a produrla nelle fasi di design e a controlla su quanti prodotto. Le caratteristiche dell’utente, gli obiettivi perseguiti usando il frutto della progettazione e il contesto d’uso sono le condizioni al contorno, efficacia, efficienza e soddisfazione sono gli obiettivi del nostro lavoro.
Il fatto che si tratti di oggetti immateriali, se da una parte rende meno difficile e immediato valutarne l’usabilità, dall’altra ci offre grandissime possibilità perché liberi dai vincoli della materia abbiamo una scelta di possibili alternative non solo enorme, ma anche spesso molto più semplice da adottare.
Quando progetto un oggetto fisico, cambiare idea facendo test sugli oggetti finiti o realizzarne diverse versioni è molto costoso, modificare i prototipi di una pagina web o di un’app è molto più immediato e significativamente meno costoso. A chi progetta è richiesta però una profonda conoscenza delle regole che governano la comunicazione tra la pagina e la mente degli utilizzatori e la capacità di scegliere tra le numerosissime possibili soluzioni quelle che hanno senso e che porteranno a interazioni usabili e non confuse. Serve una preparazione specifica, troppo spesso questa non c’è e si lascia che siano i programmatori a fare le cose con il solo buon senso.
In una catena la resistenza di tutto l’insieme è in carico all’anello più debole, spesso, troppo spesso, si spende molto denaro per le parti interne del sistema (nessuno farebbe mai progettare i database o la sicurezza da dilettanti), ma si lascia che siano i dilettanti a progettare l’interfaccia: un sistema meraviglioso con un’interfaccia modesta sarà percepito come modesto. Senza contare che i difetti di usabilità moltiplicheranno, per esempio, gli errori degli utenti sovraccaricando in modo assolutamente inutile il sistema. Molte delle tragedie degli ultimi tempi su sistemi che prevedevano numerosissimi accessi sono state amplificate dal fatto che non si sia presa nemmeno in considerazione una progettazione ergonomicamente corretta delle pagine!”
Quanto conta in questo caso il fatto che a rapportarsi con un essere umano ci sia un’altra intelligenza (seppur artificiale) in grado di comprendere il nostro linguaggio, di intuire le nostre emozioni e di compiere azioni in relazione al contesto entro il quale si trova ad operare?
“Questa cosa se usata bene è una grandissima opportunità! Le dimensioni delle basi dati disponibili, la potenza di calcolo dei server e la velocità della connessione permettono oggi di realizzare interazioni molto efficaci ed efficienti dove l’intelligenza” e la “cultura” (leggi potenza di calcolo e base dati) dei sistemi che ospitano rendono possibile un’efficacia senza precedenti.
Due esempi tra tutti: i motori di ricerca anche all’interno delle applicazioni mirati all’ambito specifico e l’individuazione e la gestione degli errori possono essere estremamente potenti e possono aiutare gli utenti in modo determinante”.
Nel corso degli anni l’aspetto del World Wide Web è cambiato radicalmente. In quale misura la rivoluzione mobile ha spinto i web designer a stravolgere le loro concezioni di usabilità?
“Qui probabilmente sono un po’ controcorrente. La proliferazione dei diversi “device” è stata certamente determinante nell’evoluzione e nel modificarsi delle tecnologie di interfaccia, si è fatto moltissimo per poter disegnare interfacce responsive e oggi possiamo fare cose fino a qualche anno fa semplicemente impensabili. L’evoluzione delle tecnologie su device diversi ha trasmesso per osmosi nuove possibilità da un ambiente all’altro e questo è stato un gran bene. Io credo però che sia stato spesso travisato il concetto di “mobile first”.
Questa indicazione nasce dall’idea che progettando il sistema per un piccolo display, dove tutto è generalmente più difficile, permetta poi con facilità il trasporto del design sul display medio e/o grande, dove, in termini di dimensioni, è in generale più semplice concepire spazi, funzioni e ingombri. Purtroppo, in moltissime circostanze, per esempio: importanti banche e importanti società di servizi, si nota chiaramente una grande attenzione sul mobile e una scarsa attenzione sugli stessi sistemi applicati ad altri device, come per esempio il PC desktop. Si è spesso passati dal “mobile first” a una sorta di “mobile only” piuttosto fastidioso.
Dal punto di vista dell’usabilità, e non solo, è vitale dare la stessa importanza ai diversi device sui quali i nostri clienti lavorano differenziando le cose che devono essere diverse e unificando al massimo possibile le “liturgie” delle interfacce. Le stesse cose devono chiamarsi allo stesso identico modo nelle varie versioni dei sistemi, le stesse azioni devono avere lo stesso comportamento ovunque.
Sembra una cosa banalissima, ma spesso, ahimè, non è seguita, a grande discapito della usabilità (purtroppo)”.
Suo Padre, Luigi Dadda, fu tra i primi a occuparsi di calcolatori elettronici in Italia. Lei ha scritto di essersi “occupato di software prima e di siti internet poi”. In quale misura le idee di suo padre hanno inciso sul suo percorso di ricerca e professionale?
“Mio padre lo portò dagli USA, dove aveva contribuito a progettarlo e costruirlo. Fu il primo calcolatore elettronico acceso nell’Europa continentale (il secondo a distanza di pochi mesi rispetto al Ferranti, avviato nel Regno Unito). L’interfaccia era una semplice telescrivente e, già allora, ricordo che mio padre mi raccontò che si era cercato di rendere l’immissione dei dati il più semplice possibile e la rappresentazione dei risultati comprensibile. Un grande insegnamento che ho avuto da mio padre, un professore vero che ha insegnato per 65 anni, è che per capire i bisogni degli utenti vanno ascoltati gli utenti stessi, troppi si dimenticano di non essere utenti e cercano di indovinare qualcosa che appartiene a un dominio di conoscenza del quale non capiscono nulla. Ricordo mio padre discutere con passione delle modalità di rappresentazione dei dati con i progettisti della diga Edison di Santa Cristina, tra i primi al mondo a utilizzare un calcolatore elettronico per i calcoli strutturali.
Un insegnamento che non ho mai dimenticato e che mi è stato di grande aiuto per tutta la mia vita di progettista”.
Quali sono i fattori determinanti che decretano il successo di un sito web (o di un’app) rispetto a un altro in termini di usabilità? Quali sono le caratteristiche principali che un sito web deve assolutamente avere?
“Un ottimo modo per identificare le caratteristiche di un sistema usabile è una check list di euristiche, ne esistono moltissime, personalmente mi piace questa proposta da Wikipedia che ci dice cosa l’usabilità può fare per il nostro sistema.
È importante adattare la lista scegliendo gli elementi corretti per il sistema che si sta disegnando e applicare controlli periodici relativi a ognuno degli elementi considerati. Non è importante quali parametri di controllo si usino, è importante averne, e considerare le verifiche come un passo molto importante. Ovviamente parlo di usabilità, una condizione necessaria, ma non sufficiente. È vitale che il sito per avere successo offra qualcosa che la gente cerca e della quale ha bisogno in modo efficace ed efficiente”.
Le andrebbe di farci qualche esempio di usabilità ben riuscita? Che cosa ha funzionato e cosa no?
“Il primo sito che mi viene in mente è Google: semplice ed efficace; ha tutto quello che serve, solo quello di cui l’utente ha bisogno e nulla di più. Risolve un solo problema e lo fa benissimo”.
E qualche esempio di pessima usabilità?
“Credo che tutti abbiamo bene in mente i siti non usabili, quelli dove trovi qualcosa la sera e la mattina dopo non riesci più a trovarla, che fanno la stessa cosa in modi diversi in diverse situazioni, che chiamano le stesse cose in modi inspiegabilmente diversi, dove i messaggi di errore non ti fanno capire come porre rimedio a quello che non è andato bene e così via. Solo per vicinanza all’ultimo utilizzo posso, ahimè, citare quello dei servizi al cittadino della Regione Lombardia, ma non vorrei sparare sulla Croce Rossa. Come esempio di pessima realizzazione dal punto di vista dell’usabilità posso citare quasi tutti i siti sui quali prenotare la vaccinazione anti COVID-19. Al di là del fatto che non si capisca come mai non ci sia una pagina sola per tutti gli italiani, l’usabilità, inspiegabilmente, non è stata nemmeno presa in considerazione. Si tratterebbe quasi sempre di interventi relativamente piccoli che possono portare grande beneficio, ma è una cultura che purtroppo ancora manca”.
Cosa possiamo vedere dietro l’angolo? L’usabilità sta diventando un pilastro con cui disegnare il futuro o le barriere sono ancora troppe?
“Io credo che le possibilità tecnologiche e i metodi ci siano da tempo, serve la consapevolezza della necessità della usabilità e la coscienza che si tratta sempre di più di un fattore critico per il successo praticamente in ogni iniziativa.
Guardando più lontano, io vedo l’evoluzione dei sistemi, e di conseguenza delle interfacce e della loro usabilità come una cosa parallela all’evoluzione delle grandi ondate tecnologiche che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. All’inizio c’è stata l’evoluzione della potenza dei sistemi di calcolo, che è cresciuta seguendo puntualmente la legge di Moore. A questa è poi seguita l’ondata della disponibilità di memoria e oggi possiamo tranquillamente dire che lavoriamo praticamente con potenza di calcolo infinita e memoria infinita. La terza ondata è stata quella della disponibilità di connessione, oggi praticamente infinita, che ha dato luogo per esempio al fenomeno del cloud.
La prossima ondata sarà quella della disponibilità di sistemi di intelligenza artificiale che, tra le altre cose, ci permetteranno di realizzare interfacce adattabili con reazioni eccezionali al comportamento dell’utente. Una cosa che oggi possiamo solo immaginare.
Il cervello dell’utente potrà utilizzare le proprie capacità per occuparsi solo delle cose veramente importanti e “umane” lasciando alla macchina, o meglio alle macchine, perché collaborano tra loro sempre di più, tutto il resto. Il bello deve ancora venire, credetemi!”
Se hai domande o feedback, scrivici. Saremo contenti di leggere le tue richieste o le tue opinioni.
Lo realizzeremo con amore e passione. Il nostro team è a tua disposizione.