Rob Toews, partner di Radical Ventures ed esperto di AI, ha recentemente analizzato il rapporto delicato tra intelligenza artificiale e geopolitica. Tema principale di questa riflessione: il ruolo della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) – azienda leader del settore dei chip AI, che fornisce colossi come Nvidia, Google e Tesla – all’interno della complessa situazione tra Taiwan e la Cina. Quale futuro dobbiamo attenderci per il settore dell’AI? Proviamo a far chiarezza insieme.
Nel piccolo stato di Taiwan, è presente la più grande azienda produttrice di chip AI avanzati, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che insieme a Samsung e Intel fornisce la maggior quantità di chip in tutto il mondo, in particolare ad aziende del calibro di Nvidia e Google. Taiwan, piccola isola dell’Asia orientale, vive da anni una situazione di conflitto con la Cina e questa tensione potrebbe creare non pochi problemi al futuro dell’intelligenza artificiale.
Questa situazione delicata potrebbe sfociare, secondo un buon numero di politici, in un’invasione della Cina proprio nel territorio di Taiwan, con conseguenze gravi per il settore dell’AI, che subirebbe un deciso rallentamento nella produzione e nello sviluppo.
La TSMC è fondamentale per questo mercato in quanto non si occupa esclusivamente della progettazione di chip, bensì della produzione utile a tutta la frontiera dei semiconduttori. Negli anni il colosso ha superato i competitor grazie a investimenti massicci, economie di scale e partnership lungo l’intera supply chain dei semiconduttori, riuscendo così a diventare indispensabile per il settore dell’AI e non solo.
Di fronte alla tensione sempre più crescente tra Taiwan e Cina, il governo degli Stati Uniti ha imposto un divieto di esportazione di chip AI avanzati verso la Cina, lanciando un chiaro segnale di schieramento a difesa dell’isola e del mercato dell’intelligenza artificiale.
Inoltre, sempre in territorio americano, la TSMC ha dichiarato l’intenzione di investire 40 miliardi di dollari nella costruzione di due nuove fabbriche produttrici di chip in Arizona, che puntano a essere attive già nel 2025.
Un’ipotesi di scenario, chiamata da Rob Toews la teoria dello “scudo di silicio”, prevede che la Cina rinunci alla possibilità di invadere l’isola per via della dipendenza dai chip taiwanesi. Questa teoria, però, non garantisce la sicurezza delle fabbriche della TSMC, in quanto in caso di attacco militare diventerebbero inoperative o, nella peggiore delle ipotesi, distrutte dagli stessi taiwanesi per impedire alla Cina di prenderne il controllo.
I maggiori competitor della TSMC sono Samsung e Intel, che a oggi non possono ancora vantare le stesse performance di produzione e di qualità dell’azienda taiwanese.
Samsung è in grado di produrre chip a tre nanometri, a differenza del colosso di Taiwan che, invece, produce chip AI a un nanometro, a dimostrazione di come la strada per colmare il divario tra i competitor sia ancora estremamente lunga.
Intel, un tempo prima produttrice di chip, ha affrontato diverse difficoltà nella transizione alle tecnologie a nodi avanzati, che ha portato la multinazionale americana a esternalizzare la produzione, proprio nei confronti di TSMC. Il nuovo CEO, Pat Gelsinger, ha dichiarato che mira a recuperare terreno entro il 2024, avviando un piano di produzione di chip a due nanometri, ma la sfida sembra particolarmente difficile e ambiziosa.
Sperando che la diplomazia prevalga nei confronti del conflitto per il bene della popolazione di Taiwan, non ci resta che attendere per osservare quale sarà il destino dell’intelligenza artificiale.
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