10 anni di Synesthesia con Alessandro Barbero. Parliamo di cultura [maggio2021]

Intervista

19 Maggio 2021

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Versione breve 45

Il viaggio attraverso le parole chiave di Synesthesia prosegue senza fermarsi: questo mese “navighiamo” alla scoperta della parola “cultura”. Altri ospiti illustri ci faranno compagnia. Il primo incontro è con Alessandro Barbero, il famosissimo professore di Storia dell’Università di Torino (molto noto in TV e sui social), con cui abbiamo approfondito il tema delle tecnologie del passato e di oggi, con una visione molto particolare di cosa voglia dire confrontarci con la storia e provare a “predire” il futuro.

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[Guarda la versione completa dell’intervista – 24 min]

Professore, come si diventa Alessandro Barbero?

“Per una concatenazione di fattori in parte casuali, come tutto quello che ci succede nella vita, secondo me. Quando ci sono dei fattori che vanno a rivelare delle potenzialità o delle capacità che uno neanche sospettava di avere poi, pian piano, si viene instradati e alla fine si rimane incastrati nel ruolo che ci si è cuciti addosso. Io ero un ragazzino timidissimo e poi mi sono avviato a una carriera di studioso. Ho fatto lo studioso, ho scritto. Mi è capitato di scrivere un romanzo 25 anni fa, di vincere un grande premio e di diventare famoso per pochi giorni, come succede in quei casi, e poi di ritornare a essere uno studioso completamente sconosciuto al grande pubblico. Non c’era predestinazione. Durante gran parte della mia vita non mi è mai venuto in mente che una delle mie capacità dovesse essere quella di parlare in pubblico o di raccontare la storia al grande pubblico”.

Quindi i nuovi media e in qualche modo anche Internet hanno contribuito alla diffusione. Come è cominciato questo successo e come la fa sentire questa notorietà? 

“È cominciata in realtà con un vecchio medium, cioè con la televisione. Il primo passo verso questa direzione è stato quando Piero Angela, dopo avermi chiesto qualche consulenza mi ha proposto di andare in trasmissione. Superquark è uno degli appuntamenti annuali fissi. È nata con le “Lezioni di Storia” da parte di Giuseppe Laterza prima all’Auditorium di Roma e poi nei teatri di tutta Italia. È nata, infine, con gli inviti al Festival di Sarzana, dove ho cominciato poi ad andare regolarmente. Internet è stato il moltiplicatore di ciò che stava accadendo, più ancora della televisione direi perché il grande pubblico segue Superquark, ma io in una puntata della trasmissione parlo per  5 minuti, poi viene qualcun altro. Le lezioni possono aver davanti anche 1000, 1200 persone in presenza come mi è capitato per esempio all’Auditorium Sinopoli a Roma. Io non produco niente per Internet. Sono completamente assente dai social. Ci sono delle pagine Facebook con il mio nome, ma le gestiscono altri. Ci sono delle raccolte di podcast miei, ma lo fanno altri.  

Solitamente l’aggettivo “medievale” viene utilizzato per connotare negativamente qualcosa che non è “al passo con i tempi”. In realtà, penso che il medioevo come ogni epoca storica abbia avuto i suoi momenti di luce. Le andrebbe di raccontarci almeno tre scoperte tecnologiche che hanno cambiato la storia dell’uomo e che si sono verificate in questo periodo?

Premetto che il medioevo è molto lungo. La stragrande maggioranza dei nostri antenati sono vissuti nel medioevo. Mi capita spesso di raccontare questa cosa a lezione. Immagina di trovarti davanti Giulio Cesare o Cicerone e di raccontargli la tua giornata in questo modo: 

Oggi mi sono svegliato, mi sono vestito, mi sono sbottonato la camicia, mi sono messo gli occhiali, ho sfogliato un libro per un po’. Poi avevo degli impegni, sono uscito, sono andato a lezione all’Università, sono andato da un notaio per un contratto, sono andato in Comune (avevo una pratica anche lì). Poi sono anche un credente, e quindi sono andato a messa e ho fatto due chiacchiere con il parroco, sono tornato a casa; ho cucinato una pastasciutta e ci ho grattugiato un po’ di parmigiano sopra. Poi ho sfogliato un libro e ho fatto una partita a scacchi. 

Ecco. Immagini di raccontare tutto questo a Giulio Cesare o Cicerone. Non capiranno una parola. Non sapranno niente di tutto quello che gli hai appena raccontato. Non sapranno neppure che cosa voglia dire sfogliare un libro, perché a quei tempi si srotolavano rotoli e rotoli di papiro. Non hanno idea di che cosa siano gli occhiali e di che cosa siano gli scacchi, che cosa voglia dire andare a lezione all’università, andare dal notaio. Se invece provi a raccontare tutto questo a un fiorentino ai tempi di Dante Alighieri capisce perfettamente tutto, compreso grattugiare il parmigiano sulla pastasciutta. Nel medioevo ovviamente non sanno che cosa voglia dire accendere un PC o preparare un caffè però sanno che cosa significa fare un assegno, fare un’assicurazione. Forse non c’è hardware, ma è tecnologia anche quella. Il libro con le sue pagine da sfogliare, che nasce alla fine dell’antichità e all’inizio del medioevo, è un salto di qualità tecnologico enorme, visto che tutt’ora il libro di carta è la tecnologia più efficace che noi abbiamo per conservare informazioni e testi. I nostri modi di vita moderni, i nostri paesi, i centri storici delle nostre città, le nazioni, le lingue che parliamo sono nati nel medioevo”.

La diffusione della cultura, può avvenire attraverso i mezzi più disparati. L’utilizzo di social, podcast e altri mezzi meno “tradizionali” per coinvolgere un pubblico più ampio può fare realmente la differenza secondo lei?

“L’evoluzione futura che ci sarà sicuramente è molto difficile da prevedere. Non dimentichiamo che nessuno scrittore di fantascienza aveva previsto e immaginato Internet. Gli scrittori di fantascienza di 50 anni fa credevano che saremmo andati in giro con automobili volanti e che avremmo passato il weekend su Marte, che avremmo mangiato cibo in pillole. Quanto a Internet, nessuno aveva immaginato una cosa del genere. Quello che posso dire è che attualmente nel campo della produzione culturale e della comunicazione della cultura a me sembra che Internet sia in una fase in cui sia più efficace come un immenso magazzino dove andare a trovare cose che non sono state pensate per la rete. Voglio dire che, in base alla mia esperienza personale, quando si tratta di contenuti culturali la meraviglia di Internet è che tu ritrovi in un istante qualunque canzone che vuoi sentire, un vecchio film degli anni ‘30, un vecchio manoscritto medievale della Biblioteca Nazionale di Parigi, un saggio per la tua ricerca. Anche in questo senso Internet rappresenta un grandioso moltiplicatore e potenziatore di contenuti non nati per Internet. Là dove andiamo a vedere le cose specifiche di Internet mi sembra di poter dire che lì non c’è ancora e non c’è stata ancora la creazione di contenuti culturali tipici. YouTube è grandioso perché ti mette a disposizione le cose prodotte al di fuori di questo contesto.

Vedere il video del gattino che fa le fusa non è proprio allo stesso livello che vedere un film diĖjzenštejn. A costo di sembrare spudoratamente snob, ma se parliamo di cultura non mi sembra che i vari social ne producano allo stesso livello con cui la rete conserva e ripropone ciò che è stato già prodotto prima. In futuro, certamente, nasceranno nuove forme d’arte e di cultura integralmente nate per Internet, ma siamo solo all’inizio”.

Professore, lei prima diceva che nessuno ha previsto Internet, nessuno ha previsto una rivoluzione di questo tipo. Effettivamente abbiamo vissuto una rivoluzione incredibile nel giro di poco tempo: dalla nascita dei PC fino ad arrivare alla connettività globale, agli smartphone e agli altri dispositivi mobili. Tutto ciò ha effettivamente impattato molto sulla nostra cultura. Questo probabilmente è qualcosa che probabilmente non abbiamo mai vissuto. Secondo lei c’è stata nella storia qualcosa di simile in cui l’umanità è passata dai cambiamenti come quelli che abbiamo vissuto oggi, oppure è una novità assoluta?

L’umanità è sempre passata attraverso cambiamenti e ha sempre dimostrato di avere una grande capacità di adattarsi ai cambiamenti. Ci sono vari tipi di cambiamenti: sociali, politici, economici. Noi adesso stiamo parlando di un grandioso cambiamento tecnologico, che ci mette a disposizione tecnologie inimmaginabili fino a pochi anni fa, lasciando più o meno uguale tutto il resto (rapporti di potere nella società, gerarchie sociali). C’è chi costruisce nuove fortune sulla base delle nuove tecnologie, ma l’esistenza di Internet non ha cambiato il rapporto tra il disoccupato e il miliardario. Ha certamente creato qualche passatempo in più per il disoccupato per tenerlo tranquillo. Di quello che stiamo vivendo è l’aspetto prettamente tecnologico che colpisce. Direi che quelli che, verso la fine dell’Ottocento o inizio Novecento, hanno visto comparire l’automobile, il telefono, hanno visto scavare le metropolitane nelle viscere delle loro città, hanno visto i loro aeroplani staccarsi da terra, hanno assistito a un cambiamento tecnologico pazzesco. Un cambiamento diverso dal nostro perché più hardware che software. Noi non ci facciamo neppure più caso perché l’Umanità si abitua con una facilità incredibile ai nuovi giocattoli che ha a disposizione”.

Come i nativi digitali daranno per scontato tutta una serie di cose che per noi oggi sono incredibili come risultati della tecnologia, pensiamo ai bambini che oggi prendono in mano un tablet e in pochissimo tempo sono in grado di usarlo meglio dei loro genitori. 

“Alla grande domanda – se il bambino che cresce usando un tablet cresca diverso rispetto ai bambini di una volta – io tenderei a dire di no. Non è che gli esseri umani cambiano così facilmente”.

Questo forse è uno dei problemi dell’Umanità: gli esseri umani non si evolvono altrettanto velocemente con le tecnologie che creano diventandone un po’ succubi.

“Questo diventa un problema nella misura in cui non sappiamo sfruttare bene quello che abbiamo. D’altro canto il fatto che gli esseri umani fondamentalmente non cambino lo trovo molto rassicurante”.

Durante la “Notte dei Ricercatori 2020” ha raccontato come le grandi epidemie del passato abbiano spinto la storia dell’Umanità in una direzione diversa. Allo stesso modo, la pandemia che stiamo attraversando come potrebbe influenzare l’epoca attuale? 

“Premetto che mi avventuro su un terreno che non è il mio. Noi storici è già tanto se riusciamo a raccontarvi qualcosa del passato. La prima cosa che si impara è che tutti coloro che vogliono prevedere qualcosa del futuro non ci azzeccano. Detto questo, si possono intravedere delle direzioni, lì dove dove si mescolano la previsione e il desiderio. Credo che possiamo essere molto felici se il mondo uscisse dalla pandemia con qualche dubbio sull’ideologia unica – che ha dominato gli ultimi 40 anni – del privato, del profitto, della rendicontazione, del pareggio di bilancio, del risparmio sul welfare e così via. Se dovessimo uscire con qualche dubbio sul fatto che conviene smantellare il pubblico perché non serve a niente; che nella sanità dal punto di vista dello stato l’importante è risparmiare chiudendo gli ospedali; che assumere medici o infermieri e ricercatori è meglio non farlo perché così si risparmia e si può presentare all’Europa il pareggio di bilancio, potremmo essere contenti. Ovviamente non dobbiamo muoverci solo in una prospettiva italiana. È forse a livello mondiale che c’è la possibilità di un nuovo keynesismo di un nuovo New Deal. Non dico che il vecchio Joe Biden possa essere il nuovo Roosevelt, però insomma un po’ di spinta che gli Stati devono spendere, investire e assumere e che si sta tutti meglio così; forse quella potrebbe essere la vera svolta culturale che potrebbe portare con se la pandemia”.

Professore, speriamo davvero che la politica e la coscienza comune sia spinta in qualche modo a investire sul lungo periodo. Finora si è sempre guardato al breve periodo e forse questo, la mancanza di lungimiranza politica e la capacità di investire su quello che è importante per costruire il futuro ci ha portati anche ad arrivare a una Pandemia che stiamo vivendo. Cosa succederà nei prossimi 10 anni nel mondo della cultura? 

Io rimango sempre molto diffidente e in attesa. Non mi aspetto niente per carattere. Nel febbraio dell’anno scorso all’Università Statale di Milano in un grande auditorium strapieno, mi è capitato di chiacchierare con gli studenti sul fatto che la storia sembrava quasi essersi fermata a livello di grandi avvenimenti, intesi come quelli che rimangono nei manuali di storia, di quelli che rimangono legati a una data. Non parlo ovviamente dell’evoluzione storica sotterranea, che ovviamente non si ferma mai, ma facevo riferimento a un grande avvenimento memorabile. Ricordo di aver detto loro che dopo l’11 settembre 2001 apparentemente non è accaduto niente. Quello che ho detto è agli atti: è su Internet e chiunque può recuperarlo. È accaduto nel febbraio 2020. Più smentito di così”.

Noi in Synesthesia abbiamo una Academy, abbiamo dei professori che raccontano e insegnano principalmente tecnologia STEM, quindi scienze “dure” e una serie di corsi anche per bambini e per ragazzi. Puntiamo molto sulla gamification e sulla creatività, ma se dovesse dare un consiglio ai nostri professori per coinvolgere ed essere più efficaci, che cosa direbbe loro?

“È difficile dirlo perché secondo me i modi di insegnare e le tecniche d’insegnamento non sono facilmente svincolabili dai contenuti, anche se forse esiste una pedagogia che pensa che si possano separare le due cose. Io non ci credo. Ho un’esperienza nell’insegnamento di materie umanistiche e mi sentirei di dire che…

l’unica cosa che conta per rendere efficace l’insegnamento è che l’insegnante provi passione per quello di cui parla. Sono convinto di questo. Lo scopo nelle materie umanistiche è quello di appassionare e di far capire una cosa che a prima vista non è ovvia, cioè che la storia è importante, che la letteratura e la filosofia sono importanti per la nostra vita, che se si vive senza si può vivere meno bene.

Queste non sono cose ovvie e non è facile andare a raccontare al figlio di una famiglia operaia che ha il problema del lavoro che farà in futuro che anche la filosofia può avere un posto nella sua vita. È così, e bisogna legittimare tutto questo. Io mi immagino che chi insegna cose scientifiche o tecniche abbia meno questo problema”. 

Penso che sia un ottimo consiglio e che questo sia un problema che accomuna anche chi insegna materie più scientifiche perché a volte ci si trova in situazioni dove ci sono dei pregiudizi. Per esempio, troppo spesso ci troviamo di fronte a situazioni di gender gap, in cui le le ragazze non sono avviate a questo tipo di scienze perché ritenute “cose da maschi”. Il tema è quindi anche quello di coinvolgere e appassionare verso questa direzione, verso queste scienze che hanno molti usi pratici e che costituiscono un bagaglio culturale che serve trasmettere. La passione che lei trasmette è assolutamente contagiosa. Questo è il risultato più bello per chi fa il suo lavoro.

Grazie!

Continuate a seguirci per scoprire le prossime tappe di questa avventura e i prossimi temi che affronteremo insieme ai nostri compagni di viaggio.

Non hai tempo di vedere o di leggere? Nessun problema, c’è la versione podcast dell’intervista ad Alessandro Barbero!

Ascolta “Cultura / Alessandro Barbero” su Spreaker.

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