Stando alle previsioni di Gartner entro il 2026 il 25% delle persone passerà almeno un’ora al giorno nel Metaverso. A che punto siamo oggi con la sua realizzazione? Siamo davvero pronti a dare definitivamente addio alla realtà (o anche solo a parte di essa)? Scopriamolo insieme!
Prima di Facebook e della sua operazione di rebranding nell’ottobre 2021, il termine “metaverso” non era molto presente in rete. Secondo le statistiche di Google Trends degli anni precedenti, le poche persone che ne parlavano attivamente avevano tutti a che fare con il mondo delle criptovalute, dei token e con quello della blockchain.
A causa della pandemia da Covid-19 negli ultimi anni molte cose sono cambiate: il tempo trascorso online è aumentato in modo esponenziale e buona parte della nostra quotidianità improvvisamente è stata proiettata (molto più di prima) dentro uno schermo di uno smartphone o di un computer.
Questo fenomeno ha stimolato fortemente il mercato tecnologico dando il via a un’imponente ondata di investimenti che sono andati verso la nascita di una nuova versione del web, più immersiva e in realtà aumentata. I segni di questo cambiamento, tuttavia, erano intuibili già da molto tempo, probabilmente da quando nel 2014 Zuckerberg acquistò Oculus, la più importante società produttrice di visori per realtà virtuale. Questo episodio probabilmente è stata una tappa importantissima che ha influenzato gli altri operatori indicando quale strada percorrere per il futuro.
Oggi le “Big Tech” (e non solo), con Meta in testa, sono impazienti di capire se gli ingenti investimenti economici fatti finora per la realizzazione di nuovi mondi virtuali (o metaversi) e innovativi modelli di business stiano andando nella giusta direzione. I dubbi da sciogliere e le perplessità che ruotano a questo tema sono ancora tanti.
Recentemente l’articolo di Wired “Il metverso non esiste” (10 giugno 2022, a firma di Andrea Signorelli) ha creato non poco scalpore sollevando forti perplessità sulla reale esistenza del metaverso inducendo i suoi lettori a riflettere e a soffermarsi sul profondo significato e sull’utilità del metaverso.
Secondo l’autore, quotidianamente assistiamo al proliferare di comunicati stampa che annunciano l’ingresso di nuove aziende nel metaverso.
“C’è un solo problema: il metaverso non esiste. E allora come fanno le aziende a entrarci? E come fanno – stando a una miriade di articoli pubblicati in ogni angolo del globo – le persone a sposarsi nel metaverso? A speculare nel metaverso? A partecipare a eventi nel metaverso? A lavorare nel metaverso e addirittura a subire molestie nel metaverso?” (Andrea Signorelli, “Il Metaverso non esiste”, Wired).
Sempre secondo l’autore attualmente esistono, tante, troppe piattaforme che non sono collegate l’una all’altra. Le aziende che decidono, inoltre, di “entrare” nel metaverso si limiterebbero ad adottare una piattaforma già esistente per organizzare eventi brandizzati o fare riunioni, team building o formazione in realtà virtuale.
Le questioni che ci pongono “in dubbio” nei confronti di questo “paradigma digitale” fanno riferimento non tanto al suo essere troppo parcellizzato, quanto al modo di organizzare la vita collettiva delle persone.
Stando alle previsioni di Gartner entro il 2026 il 25% delle persone passerà almeno un’ora al giorno nel Metaverso. Siamo davvero sicuri in futuro di voler trascorrere tutto questo tempo chiusi in casa indossando dei visori che ci isolano completamente dal resto del mondo per compiere azioni quotidiane all’interno di un mondo virtuale popolato da avatar? Siamo davvero sicuri di voler vivere dentro una realtà dove le emozioni sono espresse in modo stereotipato e dove niente diventa davvero emozionale e imprevedibile?
Per funzionare davvero il metaverso forse richiederebbe tutta una serie di presupposti “sociali” e antropologici legati per molti aspetti a situazioni e a contesti emergenziali (come per esempio una pandemia). Con questo non vogliamo dire che il metaverso rappresenti una scommessa che siamo disposti a perdere (in partenza). Come abbiamo visto nel precedente articolo, tante sono le opportunità e i benefici che ne potrebbero derivare (in ogni ambito). Il metaverso così come ci è stato raccontato finora si farà, ma presumibilmente ci vorrà tempo. Forse non siamo ancora pronti per dare definitivamente addio alla realtà (o anche solo a parte di essa). Probabilmente in futuro non molto distante riusciremo a fare esperienza di nuovo world wide web più immersivo, in 3D e in realtà virtuale. Forse un domani riusciremo a spostarci da una piattaforma all’altra con la stessa facilità con cui oggi ci muoviamo nel web con il nostro browser. Ma c’è ancora tanto da fare, proprio a partire da ciò che ci è più vicino, l’individuo e i suoi bisogni concreti e reali.
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Autore: Luca Greco (Copywriter di Synesthesia).
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