Le questioni legate alle disparità di genere e agli stereotipi sono ancora profondamente inserite nella società odierna. Con le tecnologie più innovative nuove complessità stanno emergendo, ad affermarlo è Marinella Belluati, sociologa dei media e una delle promotrici del progetto AI Aware dell’Università di Torino: “Le tecnologie sono legate alla società in cui viviamo: se la società è sessista, è difficile che le AI […] non lo siano”. L’ultimo esempio è quello di Smash or Pass, una piattaforma AI generativa che realizza immagini femminili sempre più affini ai gusti personali degli utenti e della società. Ma qual è l’ideale di bellezza che possiedono le AI?
Consente di generare immagini femminili e di valutare la loro bellezza (in modo positivo o negativo), si tratta di Smash or Pass, una piattaforma che genera, grazie all’intelligenza artificiale, immagini di donne perfette. Con la sola espressione del volto, poi, è in grado di comprendere i gusti dell’utente e di proporre immagini sempre più gradevoli per lui o lei.
Non solo il design dell’architettura dell’applicazione risulta essere particolarmente sessista, ma soprattutto l’idea di bellezza dell’AI è decisamente stereotipata: nella maggior parte dei casi vengono generate, infatti, giovani donne bianche, con visi perfetti e corpi sinuosi.
Questa però non è una novità, in passato sono già stati condotti esperimenti di questo tipo come quello realizzato dallo specialista Nicolas Neubert, che chiese a Midjouney (una famosa intelligenza artificiale generativa di immagini) di realizzare 264 fotografie di “belle” donne, su sfondo nero, facendonci comprendere pienamente qual è la prospettiva dell’AI sulla bellezza: ben l’84% delle fotografie generate, ritraevano persone bianche, giovani e perfette. Lo specialista ha affermato poi, che sostituendo il genere nel prompt (la richiesta), il risultato non cambia.
Come ben noto, i sistemi di intelligenza artificiale sono addestrati con grandissimi database attraverso i quali imparano a comprendere il mondo, la società e le parole per generare, quindi, immagini sempre più precise e inerenti alle richieste iniziali.
Ma sono davvero le parole le cause di questa problematica? Descrivere le figure è una pratica che ha origini lontane, è una tradizione letteraria, utile per far immaginare ai lettori caratteristiche e dettagli esclusivamente visibili. La questione, però, riguarda le modalità in cui le parole si legano alle immagini: a causa di preconcetti e idee che sono sedimentate nella società odierna, influenzano l’AI, realizzando figure sempre più stereotipate.
Gli stereotipi di genere sono “sedimentati anche nell’inconscio dell’intelligenza artificiale”, ha affermato Marinella Belluati e i rischi sembrano essere molteplici: uno tra questi è sicuramente il rafforzamento di ideali distopici di bellezza che alimentano strumenti AI alla realizzazione di immagini sempre più “perfette”.
Non sarà semplice individuare una soluzione e la comunità AI sul tema è particolarmente divisa: c’è chi sostiene che sia necessario eliminare le figure femminili dalle demo e dalle prime versioni delle piattaforme, e chi, invece, pensa che la soluzione sia nascosta nella trasparenza dell’addestramento dei sistemi.
Immaginare un nuovo scenario è difficile, ma possibile. Non ci resta che attendere e osservare le alternative possibili e le auspicabili e doverose correzioni, proposte dalla comunità AI.
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